Le BASILICHE PAPALI MAGGIORI sono QUATTRO
e si trovano a ROMA:
SAN GIOVANNI IN LATERANO
SAN PIETRO IN VATICANO
VIDEO MAPPING "SEGUIMI. LA VITA DI PIETRO"
SAN PAOLO FUORI LE MURA
SANTA MARIA MAGGIORE
Le BASILICHE PAPALI MINORI sono DUE
e si trovano ad ASSISI:
SAN FRANCESCO
SANTA MARIA DEGLI ANGELI
(PORZIUNCOLA)
I PATRONI D'EUROPA
Tra il VI e
il VII secolo lo sviluppo del monachesimo favorì la definizione della liturgia
dell'Ufficio delle ore. Nel Medioevo, infatti, la vita del monaco alternava la
preghiera al lavoro ed era suddivisa in otto appuntamenti di preghiera:
mattutino (prima dell'alba); laudi (dopo l'alba); ora prima (alle 6 del
mattino); terza (ore 9); sesta (ore 12); nona (ore 15); vespri (ore 17) e
compieta (ore 20). Durante questi momenti di preghiera i monaci intonavano
salmi, inni, responsori (canti in cui al verso intonato dal celebrante risponde
un ritornello corale).
Parallelamente si vennero fissando i periodi dell'anno liturgico (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione, Pentecoste) e la liturgia musicale della messa. Quest'ultima comprendeva la serie di canti del Proprio della messa (Introito, Graduale, Alleluia, Tratto, Offertorio, Comunione), i cui testi variavano a seconda del periodo liturgico, e i canti (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei), con testi che non variavano durante l'anno liturgico.
GREGORIO
MAGNO E LA NASCITA DEL CANTO GREGORIANO
Secondo la
tradizione papa Gregorio Magno, alla fine del 6° secolo, riformò la liturgia
della Chiesa romana e raccolse le melodie che da lui prendono il nome. In
realtà il canto gregoriano nacque dall'opera di unificazione di varie
tradizioni avviata tra l'VIII e il IX secolo in Francia dai re carolingi Pipino
il Breve e Carlomagno. Con il Sacro Romano Impero si determinò infatti una
fusione tra il canto cristiano praticato in Francia, detto gallicano, e quello
romano. Tale fusione diede vita al canto gregoriano, diffusosi poi in Europa
occidentale e rientrato a Roma con le discese degli imperatori Ottoni (nella
seconda metà del 10° secolo).
Tra le
fondamentali trasformazioni avvenute in età carolingia va ricordata inoltre la
nascita della scrittura musicale neumatica (dal greco nèuma "segno"),
che servì a fissare per iscritto i canti che in precedenza si tramandavano
oralmente.
Nel corso del IX e X secolo, l'esigenza di arricchire i testi e le melodie dei canti portò
allo sviluppo di forme poetico-musicali indipendenti e perfino a
drammatizzazioni di passi del Vangelo, rispettivamente denominate tropi,
sequenze e drammi liturgici.
Il canto gregoriano era il maggior rappresentante della musica religiosa
della prima parte del Medioevo, prima di esso, però vi era il canto cristiano.
Quest’ultimo si fondava su testi biblici e
somigliava molto alla lingua parlata. Poi dal IV secolo vennero introdotte
nuove formule melodiche e nuovi testi e proprio in questo periodo nacque
l’inno, cioè testi e melodie di facile apprendimento, motivo per cui si
diffusero rapidamente.
Nel frattempo, in Occidente si erano formate
tradizioni liturgiche locali e il canto religioso aveva subito dei mutamenti. A
Roma la musica era influenzata da quella greca ed ebraica, ed il papa Gregorio
Magno deciso di modificare lo stile della musica, di riorganizzarlo, e così
nacque il canto gregoriano che appunto prese il nome da questo papa. Il canto
gregoriano si diffuse in tutto il mondo occidentale e si basava sulla notazione
neumatica attraverso cui era più facile imparare a memoria le varie melodie.
Lo stile del canto gregoriano
Il latino era alla base dei testi
dei canti gregoriani, infatti era la lingua ufficiale della chiesa, era
monodico e quindi tutti i cantori intonavano su un’unica melodia come nel coro
greco.
Si trattava di melodie semplici e davano
l’impressione di una sorta di recitazione, c’erano però altri casi in cui erano
più complessi, ricchi di note e di fioriture.
Guido
d’Arezzo è famoso nel mondo per l’invenzione che ha rivoluzionato la storia
della musica: la notazione musicale. Sì, perché una cosa come il pentagramma,
che oggi magari può sembrarci alla portata di tutti, in realtà è un’invenzione
immensa, degna di un vero rivoluzionario.
L’inizio di
una grande rivoluzione culturale
Guido Monaco
era nell’Abbazia di Pomposa (Ferrara) quando mise le basi per la musica scritta
che conosciamo oggi, ma il successo della sua invenzione gli si rivoltò contro.
La rivoluzione culturale a cui stava dando vita era una vera innovazione per il
Medioevo, perché avrebbe portato la musica colta fuori dalle abbazie,
rendendola alla portata di tutti.
Siamo
nell’anno Mille quando il monaco benedettino e insegnante di musica inizia a
sperimentare la notazione sui canti gregoriani nelle Cattedrali di Arezzo e
Pomposa. Giorno dopo giorno si rende sempre più conto di quanto sia difficile
per i monaci ricordare i tradizionali canti gregoriani e si ingegna per aiutare
i suoi fratelli.
Certo, prima
di lui un sistema di notazione c’era, quello neumatico, non basato su note
musicali, ma su neumi e melismi, cioè sulla trascrizione di una formula
melodica e ritmica applicata ad ogni singola sillaba. Il sistema era macchinoso
e complesso da decifrare e gran parte dell’insegnamento e della trasmissione
della musica era comunque legata a doppio filo con l’oralità.
Le sue
innovazioni trovarono molte resistenze e per scappare da invidie e accuse si
rifugiò ad Arezzo. Ad accogliere Guido d’Arezzo a braccia aperte c’era la
fiorente scuola di canto della Cattedrale con il vescovo Tedaldo, pronto a
dargli la sua protezione. Non è un caso che il Micrologus di Guido d’Arezzo, il
trattato e testo musicale più diffuso del Medioevo, fosse dedicato proprio a
Tedaldo.
Le note musicali, il tetragramma e la Mano Guidoniana
Partendo
dalle prime sillabe dell’Inno a San Giovanni Battista di Paolo Diacono, cioè
“Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si”, Guido d’Arezzo ha dato i nomi alle note
musicali. L’“Ut” sarà poi sostituito qualche secolo dopo con il Do da Giovanni
Battista Doni.
Ut queant laxis è l'inno liturgico dei Vespri della solennità della natività di San Giovanni Battista che ricorre il 24 giugno.
La fama di questo inno, scritto dal monaco storico e poeta Paolo Diacono, si deve a Guido d'Arezzo, che ne utilizzò la prima strofa per trarne i nomi delle sei note musicali dell'esacordo:
(LA) «Ut queant laxis | (IT) «Affinché possano cantare |
(Inno a San Giovanni) |
A ciascuna sillaba qui evidenziata corrisponde infatti, nella musica dell'inno, la relativa nota con cui è cantata. Da tale criterio convenzionale derivarono i nomi delle note musicali Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La, con Ut che, successivamente, venne sostituito da Do, sillaba che, terminando con una vocale, si pronuncia in modo più agevole nel solfeggio.
Inoltre, ha
codificato il modo di scrivere le note definendo le posizioni delle note su un
grande rigo musicale, proponendo un sistema unificato per la scrittura delle
note. Per la parte terminale della nota usava il simbolo di un quadrato, che
sarebbe poi diventato un rombo ed infine il nostro ovale.
Guido
d’Arezzo introduce per la prima volta nella storia il grande rigo su cui
indicare l’altezza delle note a seconda del loro posizionamento, il
tetragramma. A differenza del moderno pentagramma, che ha cinque righe, il
tetragramma ne aveva quattro.
Sempre a
Guido d’Arezzo si devono le invenzioni del sistema mnemonico della “mano
guidoniana” per aiutare l’esatta intonazione dei gradi della scala o esacordo e
del sistema della solmisazione, una prima forma di solfeggio. Queste invenzioni
lo hanno reso famosissimo nel Medioevo, tanto da essere invitato a Roma da Papa
Giovanni XIX.
Guido Monaco:
ad Arezzo la sua piazza e la sua statua
Arezzo ha
dedicato a questo suo figlio illustre Piazza Guido Monaco con al centro la
grande statua di Guido d’Arezzo, inventore delle note musicali.
Nel monumento
a Guido d’Arezzo, realizzato nel 1882 dallo scultore livornese Salvino Salvini,
Guido Monaco è raffigurato con la veste benedettina mentre posa la mano destra
sull’antifonario contente la strofa dell’Inno a San Giovanni da cui presero il
nome le note musicali.
una tappa storica importantissima;
Papa Francesco e il patriarca russo Kirill si sono
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